Paga da 2 euro all’ora dal commercialista, la denuncia di Claudia. Il caso della studentessa universitaria di Molfetta è apparso su tutte le testate nazioni e denuncia una condizione di grave imbarazzo che mette in evidenza le distorsioni del mondo del lavoro. Oltre al disagio dei giovani che fanno ingresso nel mercato del lavoro, e la necessità di introdurre regole su larga scala. La vicenda narra l’esperienza lavorativa di una studentessa universitaria di 22 anni. Claudia Coppolecchia di Molfetta ha denunciato su facebook la sua esperienza lavorativa presso lo studio di un commercialista di Bari, durata 11 giorni.
Paga da 2 euro all’ora dal commercialista, lo sfogo sui social della studentessa
«Oggi vi racconto la mia “esperienza lavorativa” durata 11 giorni» scrive Claudia sui social. «Ero carica ed entusiasta, per undici giorni ho lavorato per 4 ore al giorno, per un totale di 44 ore, pronta a mettere qualche soldo da parte per togliermi qualche sfizio in più. Al termine delle mie due settimane, la segretaria mi riferisce che mi faranno sapere tra 15 giorni, consegnandomi una busta contenente 100 euro. Una prova retribuita ben 2,27 euro l’ora».
La delusione della studentessa per l’impegno, l’entusiasmo e la mole di lavoro svolto è stata degna di nota. Che il giorno seguente ha proseguito lo sfogo. «Sono più arrabbiata di ieri, era la mia prima esperienza lavorativa e non mi immaginavo proprio che andasse così. Un mesetto fa ho trovato l’offerta su LinkedIn – cercavano una segretaria – e mi sono candidata, dopo poco sono stata ricontattata. Durante il primo colloquio, oltre a spiegarmi il lavoro, mi hanno parlato di un impiego full time con uno stipendio dai 900 ai 1200 euro al mese. Cifre per me ottime, visto che studio ancora. Poi ho fatto un secondo colloquio, con il titolare dello studio, e due giorni dopo mi hanno chiamato per dirmi che avrei prima dovuto fare una settimana di prova, part time. Quindi andando in studio per quattro ore al giorno, o la mattina o il pomeriggio».
Paga da due euro all’ora, «Non date la colpa al reddito di cittadinanza»
Nel racconto della studentessa si fa riferimento alla settimana di prova come un periodo di libo accettabile, previsto per tutti gli impieghi. Ma nel suo caso la prova si allunga però da una a due settimane, che lei accetta. E senza fare domande di alcun tipo su compensi o rimborsi spese, perchè «Non volevo dare l’impressione che mi interessassero solo i soldi». Claudia si spostava ogni giorno per 70 chilometri tra Molfetta e il quartiere di Bari dove è ubicato lo studio a Poggiofranco. Un impegno importante che non poteva essere ricompensato con una paga da 2 euro all’ora.
Dopo due settimane di lavoro Clauda attendeva il verdetto sul periodo di prova. «Alla fine del mio turno mi aspettavo che qualcuno mi dicesse qualcosa. Se ero andata bene, se ero andata male, se sarei dovuta tornare il giorno dopo o meno. Dopo un po’ di attesa, la segretaria ha parlato con il titolare nella sua stanza ed è tornata con una busta per me. Mi ha detto che mi avrebbero fatto sapere tra 15 giorni, perché nel frattempo stavano provando altre persone. Ho ringraziato e sono uscita, in macchina ho aperto la busta. C’erano 100 euro: il mio lavoro è stato valutato 2,27 euro l’ora. Ho deciso che non avrei aspettato una loro risposta e ho comunicato che non sarei tornata più».