Con l’ordinanza n. 19863 del 18.07.2024, la Cassazione ha stabilito che, qualora l’integrazione salariale non venga erogata per una responsabilità attribuibile al datore di lavoro, quest’ultimo non è esonerato dall’obbligo di retribuire i lavoratori in misura corrispondente alla somma non percepita come integrazione salariale.
Il fatto affrontato
Alcuni lavoratori hanno presentato ricorso contro la loro azienda, chiedendo il pagamento del FIS (Fondo di integrazione salariale) che l’INPS non aveva corrisposto. I lavoratori hanno dichiarato che la società li aveva impiegati con orari ridotti, fino al 70% su base mensile, retribuendo solo le ore effettivamente lavorate e lasciando la parte restante (non lavorata) come quota da coprire dall’INPS tramite il FIS.
La Corte d’Appello ha accolto il ricorso, affermando che la società datrice è responsabile di un’obbligazione risarcitoria autonoma rispetto a quella previdenziale a carico dell’INPS.
L’ordinanza
La Cassazione, nel confermare la decisione della Corte d’Appello, ha chiarito che, pur trattandosi di un’obbligazione di natura previdenziale derivante dall’ammissione al FIS, il datore di lavoro non è esonerato dai suoi obblighi retributivi nel caso in cui l’INPS non eroghi l’integrazione salariale.
La mancata percezione del FIS da parte dei lavoratori ha, dunque, una natura risarcitoria, e il datore di lavoro è tenuto a garantire una somma equivalente a quella che sarebbe stata corrisposta tramite il FIS.
Conclusione
In sintesi, la Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro deve assumersi la responsabilità di garantire la retribuzione ai propri lavoratori, anche in caso di mancato intervento dell’INPS per l’erogazione dell’integrazione salariale, evitando così che i lavoratori subiscano perdite economiche.