Con la sentenza n. 4358 del 19.02.2024, la Cassazione afferma che il periodo intercorrente tra una corsa e l’altra non può essere ricompreso nell’orario di lavoro se l’autista può allontanarsi dal mezzo senza essere soggetto ad alcun potere datoriale.
Il fatto affrontato
Il lavoratore, con mansioni di conducente di linea, ricorre giudizialmente al fine di ottenere la trasformazione del rapporto da part-time a tempo pieno ed il pagamento di differenze retributive pari ad € 196.586,87, per avere osservato un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente stabilito.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo non riconducibile nell’orario di lavoro il tempo intercorrente tra l’arrivo nella stazione di Salerno e la ripartenza per il rientro a Benevento.
La sentenza
La Cassazione – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – rileva che non è riconducibile nell’orario di lavoro il lasso temporale in cui il dipendente, del tutto privo di vincoli, è libero di autodeterminarsi senza essere assoggettato ad alcun comando.
In particolare, secondo i Giudici di legittimità, la sussunzione di un periodo temporale all’interno dell’orario di lavoro postula un obbligo di reperibilità ovvero un assoggettamento al potere organizzativo datoriale.
Per la sentenza, dette condizioni sono assenti nel caso di specie, ove il lavoratore, una volta parcheggiato l’autobus, poteva tranquillamente allontanarsi, non essendo allo stesso richiesto alcun obbligo di custodia nel mezzo nei tempi di sosta.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del dipendente.