Con la Nota 1156/2024, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito nuovi chiarimenti riguardo l’applicazione della maxi sanzione, prevista dall’art. 3, commi 3 e 3-ter del DL 12/2002, per il lavoro in nero in virtù dei più recenti sviluppi legislativi e giurisprudenziali.
La nota aggiorna il “Vademecum sull’applicazione della maxi-sanzione per il lavoro sommerso“.
Aderendo ai più recenti orientamenti della Cassazione, l’Ispettorato riscontra che l’impiego irregolare di lavoratori subordinati, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto, integra un illecito di tipo omissivo istantaneo con effetti permanenti, che pertanto si consuma nel momento in cui, decorso il termine normativamente previsto per la comunicazione di assunzione, la stessa non viene effettuata. Ciò produce effetti:
- in riferimento agli importi sanzionatori, come nel caso dei nuovi importi sanzionatori introdotti dal DL PNRR-quater, la normativa applicabile è quella vigente al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro in nero e non della sua cessazione.
- sulla competenza territoriale ad adottare l’ordinanza di ingiunzione. Nei casi di dissociazione tra sede legale (luogo di consumazione dell’illecito) e unità produttiva (luogo di accertamento dell’illecito), il personale ispettivo è tenuto a trasmettere il rapporto ex art. 17 L. n. 689/1981 all’Ispettorato territoriale nel cui ambito di competenza è ubicata la sede legale ai fini della successiva adozione dell’ordinanza-ingiunzione.
Il vademecum aggiornato, ancora in attesa di pubblicazione sul portale istituzionale dell’Ispettorato, fornisce anche importanti chiarimenti su come regolarizzare i rapporti di lavoro sommerso.
Regolarizzazione in caso di diffida – Al fine di promuovere la regolarizzazione dei rapporti sommersi, il legislatore ha previsto già dal 2015 la diffidabilità della sanzione.
Nel caso di regolarizzazione del rapporto di lavoro in nero ancora in essere all’atto dell’accesso ispettivo, il datore deve essere diffidato a instaurare un rapporto subordinato con contratto a tempo indeterminato, anche part time ma non inferiore al 50%, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi, mantenendo il lavoratore in servizio per un periodo non inferiore a 90 giorni di calendario.
Diversamente, nell’ipotesi di un lavoratore regolarmente occupato o non più in forza al momento dell’accesso ispettivo, per il quale viene accertato un periodo di lavoro irregolare pregresso, la diffida avrà a oggetto esclusivamente la regolarizzazione del periodo in nero senza alcun obbligo di mantenimento in servizio.
Nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, in ottemperanza al provvedimento il datore di lavoro deve dimostrare di avere:
- regolarizzato l’intero periodo di lavoro in nero, secondo le modalità accertate, ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi;
- stipulato il contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma (subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale almeno al 50%, o a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi), con effetto retroattivo e cioè con decorrenza dal primo giorno di lavoro accertato dagli ispettori;
- mantenuto in servizio del lavoratore per almeno tre mesi, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti entro il termine di adempimento;
- pagato la maxi-sanzione nella misura minima.
L’Ispettorato precisa inoltre che il vincolo di cui al punto 2 relativo all’orario di lavoro ai fini della regolarizzazione riguarda unicamente il trimestre di mantenimento in servizio decorrente, di norma, dalla data dell’accesso ispettivo e non l’eventuale periodo prestato in nero, precedentemente l’accesso stesso, la cui regolarizzazione dovrà avvenire secondo le modalità accertate.
Gli adempimenti formali di assunzione, ossia consegna della dichiarazione/lettera di assunzione e comunicazione Unilav dovranno riportare l’effettiva data di inizio del rapporto di lavoro, eventualmente antecedente l’accesso ispettivo e riferirsi ad una delle tipologie contrattuali normativamente richieste.
La regolarizzazione del periodo pregresso, relativamente agli aspetti retributivi, contributivi ed assicurativi, con le conseguenti registrazioni nel libro unico del lavoro, dovrà essere conforme all’impiego “effettivo” orario del lavoratore, così come accertato dal personale ispettivo.
In merito bisognerà attenersi al principio di effettività delle prestazioni, secondo cui i trattamenti, retributivo e contributivo, dovranno essere corrisposti in base al lavoro – in termini quantitativi e qualitativi – realmente effettuato sino al momento dell’accertamento.
Gli importi delle sanzioni – La sanzione, a seguito dell’intervento normativo del 2015, è stata graduata per fasce in base alla durata del comportamento illecito. La sanzione così determinata è stata inoltre aumentata del 30% ai sensi dell’art. 1, comma 445 lett. d), della L. n. 145/2018, come modificato dall’art. 29, comma 3, del D.L. n. 19/2024. Attualmente la sanzione è quindi determinata come di seguito:
a) da euro 1.950 a euro 11.700 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro;
b) da euro 3.900 a euro 23.400 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro;
c) da euro 7.800 a euro 46.800 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.
In forza dell’art. 3, comma 3-quater, le sanzioni sono aumentate del 20% in caso di impiego di:
- lavoratori stranieri ai sensi dell’art. 22, comma 12, del D.Lgs. n. 286/1998;
- minori in età non lavorativa (cioè coloro che non possono far valere dieci anni di scuola dell’obbligo e il compimento dei sedici anni);
- percettori del reddito di cittadinanza di cui al D.L. n. 4/2019 (conv. da L. n. 26/2019);
- lavoratori beneficiari dell’Assegno di inclusione o del Supporto per la formazione e il lavoro di cui al decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 (conv. da L. n. 85/2023).
La lett. e) del comma 445 dell’art. 1 L. n. 145/2018 ha altresì previsto che le maggiorazioni (attualmente del 30%) siano raddoppiate (passando, quindi, al 60%) ove, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.
Recidiva – Ai fini della verifica sulla sussistenza occorre accertare che:
a) il destinatario delle sanzioni corrisponda al soggetto che, nell’ambito della medesima impresa, ha rivestito la qualità di trasgressore persona fisica ex L. n. 689/1981 che agisce per conto della persona giuridica (generalmente coincidente con il legale rappresentante dell’impresa o persona delegata all’esercizio di tali poteri).
Non si avrà, quindi, recidiva tutte le volte in cui, sebbene gli illeciti siano riferibili indirettamente alla medesima persona giuridica, siano commessi da trasgressori diversi; analogamente, in tutte le ipotesi in cui le violazioni siano commesse dalla medesima persona fisica per conto di persone giuridiche diverse (cfr. INL nota n. 1148/2019 e n. 2594/2019);
b) il trasgressore sia stato destinatario delle medesime sanzioni irrogate con provvedimenti divenuti definitivi nel triennio precedente alla commissione del nuovo illecito per il quale va effettuato il calcolo della sanzione. L’arco triennale di riferimento deve essere inteso sia quale periodo in cui l’illecito è stato commesso, sia quale periodo in cui lo stesso è stato definitivamente accertato.
La maggiorazione per recidiva non si applica:
- nelle ipotesi di estinzione degli illeciti amministrativi contestati, qualora sia intervenuto il pagamento in misura ridotta ex art. 16 della L. n. 689/1981, ai sensi di quanto disposto espressamente dal comma 5 dell’art. 8-bis, cui va equiparato il pagamento ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004;
- con riferimento agli illeciti per i quali il contravventore abbia adempiuto alla prescrizione effettuando i relativi pagamenti ai sensi degli artt. 20 e 21 del D.Lgs. n. 758/1994 e dell’art. 15 del D.Lgs. n. 124/2004.
Casi di esclusione – La maxi sanzione non trova applicazione quando:
- sia intervenuta regolarizzazione spontanea prima dell’accertamento da parte di organismi di vigilanza;
- per differente qualificazione del rapporto di lavoro;
- per l’impossibilità per il datore di lavoro di effettuare la comunicazione del rapporto di lavoro a causa della chiusura, anche per ferie, dello studio di consulenza o associazione di categoria cui il datore di lavoro ha affidato la gestione degli adempimenti in materia di lavoro, previo invio a mezzo fax mediante modello UniUrg della comunicazione preventiva di assunzione;
- nel periodo di ultrattività del contratto a tempo determinato (30 giorni, in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero 50 giorni per contratti di durata superiore) durante il quale la prestazione lavorativa prosegue senza soluzione di continuità, con una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore.
In quest’ultimo caso, qualora sia accertata l’interruzione della prestazione lavorativa, la sua ripresa configura un nuovo e distinto rapporto di lavoro rispetto al quale, in assenza di comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, la maxi sanzione risulterà applicabile sin dal primo giorno del relativo impiego.
Tuttavia, in sede di regolarizzazione mediante diffida, si dovrà tenere conto dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 secondo il quale, qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Pertanto, ove il nuovo rapporto irregolare sia iniziato entro 10 o 20 giorni dalla data di scadenza del precedente contratto a tempo determinato, l’eventuale diffida impartita in relazione ai lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro dovrà prevedere esclusivamente la stipula di un contratto a tempo indeterminato.