La dichiarazione d’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa del lavoratore divenuto disoccupato. Infatti, per il diritto all’indennità non basta solo la mancanza di lavoro, ma occorre pure la volontà di rioccuparsi.
Lo precisa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 22993/2024, accogliendo il ricorso dell’Inps che aveva rinviato la decorrenza della vecchia Aspi (l’indennità precedente alla Naspi, ma di analoga disciplina) al momento di effettuazione della Did, ritardata di qualche mese rispetto alla domanda.
La Naspi.
La Naspi (nuova assicurazione sociale per l’impiego) è l’indennità di disoccupazione istituita dalla riforma Jobs Act in sostituzione dell’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego), erogata a domanda ai soggetti che hanno involontariamente perso un posto di lavoro subordinato (c.d. dipendente) nel settore privato, nonché in quello pubblico limitatamente ai rapporti di lavoro a termine.
Il diritto alla Naspi si matura in presenza congiunta di due fondamentali requisiti: lo stato di disoccupazione e una contribuzione minima.
La vicenda.
La vicenda giurisprudenziale riguarda un lavoratore detenuto che, una volta licenziato, fa la richiesta d’erogazione della vecchia Aspi.
La domanda è presentata a gennaio 2015, ma l’Inps riconosce l’indennità mesi più tardi, a novembre 2015, cioè al rilascio della Did. Il lavoratore fa ricorso per avere riconosciuta l’indennità a decorrere dalla domanda.
Il ricorso non è accolto dal tribunale, ma dalla corte di appello, la cui sentenza è impugnata dall’Inps in cassazione, sostenendo l’indispensabilità della Did ai fini della liquidazione dell’indennità di disoccupazione.