Cassazione: il mancato riposo compensativo genera un danno da usura psico-fisica.

Con l’ordinanza n. 18390 del 05.07.2024, la Cassazione afferma che il recupero delle ore di mancato riposo non può essere frazionato, dovendo essere continuativo o cumulabile con i riposi giornalieri e/o settimanali previsti.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante dal mancato rispetto da parte della società datrice della normativa sul riposo minimo giornaliero di 11 ore consecutive.

La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo accertato il sistematico prolungamento dell’attività lavorativa, non intervallata da adeguati riposi tra un turno e l’altro.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva preliminarmente che, in caso di mancato godimento del giorno libero, il riposo compensativo deve essere tempestivo e collocato attiguamente ad altri periodi di riposo.

Parimenti, continua la sentenza, anche alla luce della normativa comunitaria intervenuta in materia, il riposo compensativo non può essere concesso in maniera frazionata, finendosi altrimenti per violare la finalità dell’istituto (rappresentata dal recupero delle energie psico-fisiche del dipendente).

Secondo i Giudici di legittimità, un comportamento contrario ai predetti principi, con svolgimento della prestazione in violazione della disciplina dei riposi giornalieri e settimanali, produce in capo al dipendente un danno da usura psico-fisica costituzionalmente tutelato dall’art. 36.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società, confermando la debenza del ristoro richiesto dal dipendente.

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