Più certezza nei licenziamenti.

Maggiore certezza sui licenziamenti economici. Se c’è il motivo della risoluzione del rapporto di lavoro (motivo sul quale il giudice non può sindacare), il licenziamento è valido senza più la necessità di verificare prima il repechage (cioè la possibilità di ricollocare il lavoratore in altra posizione lavorativa aziendale).

Inoltre, il repechage, qualora possibile ma non messo in atto dal datore di lavoro, non determinerà più la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, ma all’erogazione di un’indennità tra le 6 e le 36 mensilità di retribuzione.

Il licenziamento economico.

La sentenza interviene per l’ennesima volta sul regime di tutela a favore dei lavoratori sui licenziamenti illegittimi e, nello specifico, su quelli per giustificato motivo oggettivo (Gmo), nell’ipotesi in cui venga dimostrata l’insussistenza della ragione posta a fondamento del recesso.

Il tribunale di Ravenna ha sollevato questione di legittimità costituzionale, accolta dalla suprema corte, considerato che, in base alla vigente disciplina del Jobs Act (dlgs n. 23/2015), quando si tratta di licenziamento disciplinare scatta la tutela della reintegra; invece, quando si tratta di licenziamento per Gmo, c’è la sola tutela indennitaria.

Relativamente al licenziamento per Gmo, la disciplina è dettata all’art. 3 della legge n. 604/1966: licenziamento determinato «da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa».

Pertanto, si configura ogni qual volta il licenziamento sia motivato da esigenze aziendali, in riferimento a ragioni economiche relative all’impresa o a situazioni che, pur facendo capo al lavoratore, attengono a vicende personali che possono incidere sul regolare funzionamento dell’azienda; la connotazione “economica” presuppone che la soppressione di un determinato posto di lavoro sia necessitata da una scelta organizzativa correlata all’attività produttiva, con la precisazione che la ragione produttiva e organizzativa non si identifica con la soppressione del posto di lavoro, ma ne deve costituire la causa giustificatrice.

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Ed è proprio attraverso la contrattazione di I° e II° livello, ed il confronto con le Istituzioni, che U.N.Si.L. si fa carico non solo di rappresentare i bisogni del lavoro, ma più in generale quelli dei cittadini e delle comunità, profondamente mutati a causa delle dinamiche economiche, demografiche e migratorie di questi anni, e della recente pandemia da Covid-19, per favorire la ripresa degli investimenti pubblici e privati a partire dai bisogni prioritari dei territori.