Trasferimento del lavoratore e licenziamento illegittimo: giurisprudenza nazionale ed europea.
Il trasferimento del lavoratore ed il recesso dal contratto di lavoro per motivi oggettivi rappresentano due istituti distinti e non sovrapponibili. Il trasferimento è da ricondursi all’esercizio del potere datoriale di incidere nelle situazioni soggettive del lavoratore con atti unilaterali idonei a modificare l’oggetto contrattuale. Al contrario, il licenziamento rappresenta un atto interruttivo e non modificativo del rapporto di lavoro producendo in radice la risoluzione del vincolo obbligatorio.
Tale impostazione non trova riscontro nel diritto dell’Unione. Il diritto europeo tende ad avvicinare tali situazioni alle volte sovrapponendole, proprio perché “vicine” nella medesima realtà aziendale di crisi e riorganizzazione in cui vengono poste in essere.
Trasferimento di diritto italiano
Il trasferimento è l’atto mediante il quale il datore modifica il luogo di lavoro di un dipendente. La giurisprudenza ha inquadrato la fattispecie quale “spostamento definitivo” del lavoratore, ipotesi non espressivamente prevista dalla legge. Il trasferimento, quale espressione della libertà del datore di lavoro di organizzare la propria attività produttiva, non è soggetto ad uno specifico onere di forma, così come non è richiesta alcuna precisazione circa i motivi di tale scelta. Nell’ipotesi in cui sia contestata la legittimità dell’atto, allora il datore è obbligato ad allegare le ragioni che lo hanno determinato, provando l’effettività delle esigenze tecniche, produttive o organizzative.
Ribadita l’insindacabilità del datore circa l’opportunità del trasferimento, l’imprenditore è comunque tenuto alla verifica di molteplici soluzioni, direzionando la propria scelta a favore del lavoratore, preferendo la modalità per quest’ultimo meno gravosa. L’accertamento giurisdizionale, in ordine alle comprovate esigenze tecniche, produttive e organizzative, indaga non solo la sede di provenienza ma anche la sede del trasferimento, quale unica opzione che realizzi le finalità aziendali a fronte di un indiscutibile impatto nella vita del lavoratore.
Ragioni tecniche aziendali che fondano il trasferimento
Le ragioni tecniche aziendali che fondano il trasferimento non posso mai ledere il diritto del lavoratore alla conservazione della sua professionalità, la quale assume carattere prevalente rispetto alle esigenze organizzative. Qualora la scelta del datore abbia una ricaduta dequalificante sul piano della professionalità acquisita dal dipendente, il trasferimento è ontologicamente illegittimo exarticolo 2103 c.c., norma che tutela tra l’altro la non retrocessione della posizione lavorativa precedente.
Trasferimento illegittimo
Il trasferimento, compiuto senza il vaglio di tutte le soluzioni effettivamente in campo, è illegittimo. E’ stato ritenuto che la definizione del luogo di lavoro da parte del datore, consistente nel trasferimento di un dipendente in una sede considerevolmente lontana da quella precedente, di fatto rappresenti uno sradicamento del quotidiano centro di vita affettivo del lavoratore.
Orbene, proprio sulla base di tali approdi interpretativi in materia di jus variandi, la giurisprudenza nazionale è arrivata a concludere che il trasferimento collettivo di lavoratori con suddette caratteristiche di fatto celi la reale volontà del datore di lavoro di procedere alla cessazione di tutti i rapporti di lavoro coinvolti. Obiettivo che la prassi ha peraltro sempre visto raggiunto, almeno prima dell’instaurazione di un apposito giudizio.
Il trasferimento del dipendente, irragionevolmente distante rispetto alla sede di provenienza, incide radicalmente e maniera univoca sul rapporto di lavoro, motivo per cui deve adottarsi la procedura propria dei licenziamenti collettivi.
La giurisprudenza comunitaria ritiene che il trasferimento di plurimi dipendenti potrebbe porsi in una prospettiva proceduralmente illegittima, considerato che la fase di consultazione è elevata a presupposto di legittimità, necessariamente da svolgersi a valle delle modiche unilaterali.
Considerazioni alternative non sembrano ammissibili. Trasferimenti collettivi siffatti sono qualificabili come licenziamenti collettivi tout court, illegittimi, in quanto intimati in assenza delle usuali procedure; ma v’è un ulteriore pericolo per il lavoratore, il quale, oltre ad essere privato della retribuzione, sarebbe anche impossibilitato ad accedere agli ammortizzatori sociali predisposti.