Il contratto a tempo indeterminato risulta attraente, in un contesto di aumento delle attivazioni e di trasformazione delle aree di “movimento” dei lavoratori nel mondo del lavoro.
La nota trimestrale relativa al quarto trimestre 2023, elaborata sulla base delle rilevanze emerse dal sistema informativo statistico delle Comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, evidenzia l’aumento del 3,3% delle attivazioni di contratti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2022 (+96mila contratti), con 2 milioni e 167mila lavoratori coinvolti (+121mila individui coinvolti rispetto al IV trimestre 2022).
Attivazioni in crescita anche su base annua: un +3,5% che risulta in aumento anche rispetto al tasso annuo registrato in corrispondenza del trimestre precedente (+2,9%).
Positivo anche il flusso trimestrale in entrata verso il tempo indeterminato, che mostra una crescita tendenziale di 8mila unità (+1,2%), spiegato sia dall’aumento delle attivazioni con contratti di tipo permanente (+7mila) sia delle trasformazioni (pari a mille).
Una risposta anche all’importante distanza tra le competenze cercate dalle imprese e quelle offerte per cui, soprattutto in alcuni settori, il contratto permanente è lo strumento per mantenere in azienda gli addetti impiegati.
Come indiretta conferma di questo trend, il confronto tendenziale delle variazioni per durata del rapporto di lavoro mostra come la crescita delle cessazioni osservata nel quarto trimestre 2023 (per un totale di 3 milioni e 769mila e +4,1% rispetto allo stesso periodo del 2022) coinvolga in particolare i contratti tra 31 e 365 giorni di durata, mentre tutti gli altri registrano un decremento.
In particolare, in flessione le cessazioni promosse dai datori di lavoro, in particolare per licenziamento (-4,1%), mentre salgono le cessazioni al termine (+5,7%).